giovedì 9 giugno 2011

L'esempio dei tre giusti

Lettura biblica da Ezechiele 14:12-22
in particolare verso 13 «Figlio d'uomo, se un popolo peccasse contro di me commettendo qualche infedeltà, e io stendessi la mia mano contro di lui, e gli spezzassi l'asse del pane, e gli mandassi contro la fame, e ne sterminassi uomini e bestie, 14 e in mezzo a esso si trovassero questi tre uomini: Noè, Daniele e Giobbe, questi non salverebbero che se stessi, per la loro giustizia», dice il Signore, DIO. 

Il profeta Ezechiele nacque la verso la fine del regno di Giuda (circa il 620 a.C.). Scorrendo le pagine del suo libro notiamo che il profeta, ispirato dallo Spirito Santo, annuncia il giudizio su Gerusalemme e sulle nazioni straniere; la sua predicazione fu anche dominata dalle promesse di restaurazione e di misericordia per il futuro.

In questo passo, vengono descritti Noè, Daniele e Giobbe, uomini di Dio, uomini di fede, uomini giusti secondo la Parola del Signore!

Ma cos è giustizia agli occhi di Dio? Com'è scritto: «Non c'è nessun giusto, neppure uno.” (Romani 3:10), fra gli uomini. Giustizia in senso ampio, può essere definita come conformità alla legge. In senso biblico, quindi, conformità alla Legge di Dio... la Sua Parola. Uno solo è stato “Il Giusto”: Gesù Cristo, l’unigento Figlio, colui che non ha conosciuto peccato. Il peccato infatti è la violazione della legge; Gesù non avendo mai violato la Legge, è il Giusto. Poiché “tutti hanno peccato” (Romani 3:23), non c’è sulla terra, fra gli uomini, nessun giusto… ma tutti possono essere “giustificati gratuitamente per la Sua grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù” (Romani 3:24). Ma torniamo al testo!

Leggendolo comprendiamo che il giudizio si abbatte sull’uomo peccatore; unico “elemento” che evita tale giudizio… l’essere, per l’appunto, giusti.

Essere giusti agli occhi di Dio presuppone l’essere stati giustificati: “Giustificati dunque per fede, abbiamo pace con Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore” (Romani 5:1).

Avere un elogio da un amico, da un conoscente o anche da una persona qualsiasi che incontriamo nella nostra vita secolare, è sicuramente una bella esperienza, che ci riempie il cuore di orgoglio; ma avere un elogio da Dio… è un'altra cosa! Nel testo di Ezechiele il Signore, in certo qual modo, elogia i suoi servitori Noè, Daniele e Giobbe mettendoli in evidenzia per loro giustizia, rispetto al resto del popolo che era peccatore.

Ma cosa ha reso così “particolari” questi tre uomini di Dio? Quali sono gli insegnamenti per la nostra vita che possiamo trarre dalla meditazione di questo passo considerando, appunto, questi tre esempi di servitori di Dio.

Innanzitutto, lo Spirito Santo nella Parola dichiara, che sono giusti e quindi, in caso di giudizio,m essi salverebbero la loro vita proprio perché tali, giusti: giusti agli occhi di Dio, conformi alla Legge di Dio!

Ma quali altre caratteristiche possiamo notare esaminando la vita di questi tre uomini di Dio?

Osserviamole brevemente.

Noè, predicatore di giustizia. Uomo giusto, integro, ai suoi tempi (Genesi 6:9). Al Capitolo 6 del libro della Genesi leggiamo che il Signore, a causa della violenza sulla terra, decretò la fine di ogni essere vivente; ma a Noè disse “Fatti un'arca di legno di gofer…” (Genesi 6:14), quest’arca simbolo di Gesù Cristo… simbolo di salvezza! Tutti conosciamo la storia biblica dell’ “arca di Noè”! È molto interessante considerare che, praticamente, a quest’uomo fu comandato di costruire una nave… su una montagna… in vista del diluvio! Umanamente parlando… una cosa assurda. La vita di Noè ci ricorda senza dubbio una vita di fede! Infatti la “fede è certezza di cose che si sperano, dimostrazione di realtà che non si vedono” (Ebrei 11:1). Avere fede significa sicuramente credere che Dio è… ma a questo credere “intellettuale” occorre aggiungere l’ubbidienza materiale a quello che il Signore comanda. Fede ed opere vanno di pari passo… fede se non ha opere è per se stessa morta (Giacomo 2:17).

Daniele, l’uomo grandemente amato. Della vita di Daniele ricordiamo sicuramente il periodo per il popolo di Israele, della deportazione in Babilonia. Il giudizio di Dio per il popolo peccatore e disubbidiente, già preannunciato per bocca dei profeti di Dio, si adempì: poniamo attenzione e fede alla Parola di Dio! Daniele, con altri, fu deportato in Babilonia alla corte del re Nabucodonosor. La Parola ci dice che in questo Daniele c’era uno spirito straordinario! Una delle cose che più colpisce di questo servo del Signore è proprio il suo nome: “Daniele”, che significa “Dio è il mio giudice”. E la vita di Daniele traspare proprio di questa grande verità. Egli non aveva alcun interesse ad essere “approvato” dai babilonesi… a Daniele interessava solo piacere al suo Dio, che è l’Eterno. Leggiamo la storia riportata al Capitolo 6 del libro di Daniele. I satrapi di babilonia, probabilmente presi da invidia nei confronti di Daniele, si accordarono per cercare di trarlo in difetto facendo approvare una legge mediante la quale, chiunque per un periodo di trenta giorni, avrebbe rivolto una richiesta a qualsiasi dio o uomo tranne che al re di Babilonia, venisse gettato nella fossa dei leoni. E cosa fece Daniele? “Quando Daniele seppe che il decreto era firmato, andò a casa sua; e, tenendo le finestre della sua camera superiore aperte verso Gerusalemme, tre volte al giorno si metteva in ginocchio, pregava e ringraziava il suo Dio come era solito fare anche prima” (Daniele 6: 10); quasi a dire… “devo rendere conto solo a Dio… e per questo non posso smettere di onorarlo!”. Il popolo di Dio non di quelli irrispettosi della legge e delle autorità, ma esso è chiamato a “dare a Cesare quello che è di Cesare… e a Dio quello che è di Dio” (Matteo 22:21). Con la tua condotta di vita… a chi vuoi piacere?... a chi stai piacendo? Dio ci aiuti ad avere una buona coscienza verso di Lui e tutto il resto ci sarà sopraggiunto.

Giobbe, che temeva Dio e fuggiva il male. Di questo uomo di Dio sicuramente conosciamo la sua proverbiale “pazienza”; in realtà si parla di sopportare, rimanere fedeli durante la prova. Ma è molto bello ed interessante considerare proprio la buona condotta di quest’uomo che temeva Dio… e fuggiva il male. Temere Dio significa avere rispetto per Dio… ma questo è poco utile se non lo si associa al fuggire il male… a tenersi lontano dalla via degli empi. È scritto nel libro dei Proverbi al capitolo 4:14, “Non entrare nel sentiero degli empi e non t'inoltrare per la via dei malvagi”. Se dici di credere in Dio e lo temi… fai bene… ma impegniamoci a tenere la nostra vita lontano dal peccato.

Tre uomini, tre giusti, tre esempi! Ovviamente il supremo esempio da imitare è Gesù Cristo, ma possano queste brevi considerazioni spronare ognuno di noi a santificarsi al fine, un giorno, di vedere Iddio (Ebrei 12:14).